proletari in divisa

http://www.alpcub.com/documenti_soldati.htm

 

Presentazione del libro “Pid,proletari in divisa 1969-1976”
di Armando Todesco ,C.s.t. Milano 2001 ,pag.316



Sull’onda del 68 nacque negli anni successivi un movimento di contestazione dentro alle caserme .
Gli studenti che avevano prima vissuto il 68 nelle università si trovavano subito nelle caserme un una volta che dovevano assolvere il servizio militare .
Non potevano certamente far finta di niente ed allora ecco nascere le prime analisi
sulle funzioni dell’ apparato militare in Italia e nel mondo .
Le riflessioni attorno a questo tema arrivavano ben presto alla definizione del ruolo dell’esercito nella societa’ :non un organismo proiettato verso l’esterno ,verso eventuali interventi militari come nel caso di aggressioni di stati esterni all’Italia ,ma verso l’interno e la storia dell’esercito e della vita all’interno nei decenni passati lo stava a dimostrare .
L’esercito equivaleva alla scuola ,era come la famiglia ,era come la religione ,era come la fabbrica, era come l’universita’:strumento della classe dominante per fini di potere
e per mantenere il dominio .
Per finta l’esercito era prevalentemente schierato sui confini con la Yugoslavia nella regione del Friuli regione piena di caserme e con una gran parte del territorio sotto il controllo dell’esercito .

Iniziano le prime proteste nelle caserme del Friuli che nei mesi portera’ alla creazione di una rete di piccole cellule contestative in tantissime caserme che fara’ tremare il potere della gerarchia militare .
Tutto il movimento inizio’ grazie ai militanti di Lotta continua e il giornale fece nascere anche un giornale dedicato alle lotte nelle caserme che uscira’ con una cadenza quindicinale ma con un a diffusa presenza .
Sara’ questo l’obbiettivo della caccia e della repressione delle gerarchie militari .

Giornalmente si verificano gli scioperi dei pasti .
La gerarchia militare ,dopo un primo momento di incertezza , prende i provvedimenti
con arresti .
Centinaia di militanti Pid nelle caserme sono arrestati e moltissimi condannati al carcere militare di Gaeta .
(E’ utile dire che anche dai carceri militari si iniziava a organizzare la protesta per la qualita’ della vita in particolare per merito del partito radicale che organizzo’ manifestazioni davanti al carcere militare di Peschiera del Garda ).

Il movimento dei Proletari in divisa ,Pid ,riuscì anche a trovare dei momenti per farsi notare pubblicamente facendo partecipare molti militanti dei pid con il fazzoletto rosso sulla viso alle manifestazioni per il 25 aprile dell’ anno 1975 .
Le forze politiche prima appoggiarono la repressione e ignorarono il movimento, ma negli anni successivi si dettero da fare e come Ministero dell’esercito si propose la creazione di discutere sull’ipotesi di organismi di rappresentanza dove nero su bianco si dettero alcuni diritti sul rapporto rapporto con le gerarchie e diritti e spazi di discussione ai soldati .
Questo fu poi il risultato finale e istituzionale di questo vasto movimento che si cerco’
in tutti i modi di nascondere sia dal governo sia dalla sinistra istituzionale che lo osteggio’ .

Sostanzialmente si creò una legge a favore di una migliore e piu’ proficua collaborazione tra soldati e soldati e gerarchie ,ma fino al punto in cui non si andasse al di la’ della soglia del mantenimento dei fini ultimi dell’esercito che doveva rimanere quello di sempre :un mezzo per misurare l’affidabilita’ al sistema democratico e individuare i diversi per metterli nei terreni dell’emarginazione sociale o in carcere .

Nell’esercito si e’ verificato cio’ che accadde anche nell’universita’ che aveva lo scopo di raffreddare il 68 con organismo per dare sfogo alle critiche ma nei limiti della regolarita’ del funzionamento delle istituzioni che in fondo significava che le cose rimasero nella sostanza allo stesso modo :una pennellata di organismi per ascoltare di piu’ i contestatori aprendo alle condizioni sociali e politiche su cui il mondo politico non si poteva tirare piu’ indietro
e basta .

A.Tod.

http://duemilaragioni.myblog.it/archive/2008/04/21/armando-todesco-i-pid-proletari-in-divisa.html


Il Movimento dei Sottufficiali Democratici

La riforma del regolamento di disciplina e il riconoscimento dei “diritti di cittadinanza”, cioè quei diritti garantiti dalla Costituzione repubblicana a tutti i cittadini italiani, erano le motivazioni principali del “movimento” che si stava formando nelle caserme italiane, in particolare in quelle dell’Aeronautica. Accanto a queste rivendicazioni ve ne erano anche, come ovvio, alcune di carattere economico.
Ma quali erano le origini di queste rivendicazioni? Da dove proveniva la richiesta di cambiamento che, in maniera sempre più forte cominciava a levarsi tra le fila dei soldati italiani? E perché queste richieste erano più forti nell’Aeronautica che nelle altre Forze armate?
Le prime esigenze di una sindacalizzazione del personale militare, si manifestarono, in Italia come nel resto d’Europa, all’inizio degli anni ’50. “Nacquero così le prime associazioni professionali di categoria dei militari in congedo, con l’obiettivo precipuo di tutelare gli interessi del personale. Gli stessi, nel 1969, si unirono dando origine all’ANAM (Associazione Nazionale Autonoma Militari)” . Da questa associazione, che aveva nel “Giornale dei Militari” diretto da Giorgio Castellano, il suo organo di stampa, nacque, nel dicembre 1972, il SINAM (Sindacato Nazionale Autonomo dei Militari); nell’ottobre 1974 il SINAM aderisce all’UNSA (Unione dei Sindacati Autonomi), organizzazione vicina alla destra democristiana e sostenuta anche da parlamentari socialdemocratici che si “affezionano” particolarmente al SINAM .
Questa vicinanza ad ambienti considerati conservatori se non addirittura reazionari, che permetteva al SINAM di avere molta visibilità e poche difficoltà da parte delle gerarchie militari e dagli organi giudiziari, fu molto contrastata dal movimento che stava nascendo nelle caserme e che non si riconosceva nelle posizioni, nelle affermazioni e nelle protezioni di cui godevano il SINAM e i suoi dirigenti.
Le prime rivendicazioni di carattere politico e sociale nelle Forze armate, cominciano, tra i soldati di leva. “Nella primavera del 1970 presso il CAR (Centro Addestramento Reclute) di Casale 800 reclute manifestarono contro le penose condizioni igienico-sanitarie della caserma e il duro regime di vita loro imposti. Queste proteste, e quelle dei mesi successivi, trovano spazio tra i movimenti e i partiti della sinistra extraparlamentare e, nello stesso anno, al congresso nazionale tenuto a Torino, Lotta Continua lancia l’organizzazione del movimento dei “Proletari in divisa”. Il movimento di protesta dei soldati si diffonde in tutta Italia con punti di forza in Friuli e nelle grandi città.
La reazione delle gerarchie militari, in parte sorprese da quanto stava avvenendo nelle caserme, fu di tipo repressivo; ricorrendo a provvedimenti amministrativi come i trasferimenti punitivi e le punizioni disciplinari, lasciate dal regolamento alla assoluta discrezionalità dei comandanti, si cercava di colpire gli elementi più in vista e più capaci di aggregare le proteste. A favore delle gerarchie sembrava poi giocare anche il rapido avvicendamento dei contingenti che impedisce di rafforzare le conquiste ottenute dal movimento.
La novità nella protesta dei “proletari in divisa”, destinata anche ad abbattere il muro di separazione tra caserme e società civile, fu certamente “la denuncia del ruolo repressivo dell’apparato militare nella politica interna, la preparazione di un intervento armato e le minacce di golpe” . Nello stesso tempo crebbe anche l’attenzione delle forze politiche verso le Forze armate, anche se il movimento dei militari incontrò sempre forti resistenze a un concreto riconoscimento e sostegno da parte del più importante partito della sinistra italiana, il Partito Comunista (e questa “avversione”, come vedremo in seguito, è rimasta impressa nelle radici dei partiti succeduti al P.C.I.)
Nel 1975 il movimento dei militari ricevette un’altra spinta verso l’accentuazione delle lotte e delle proteste: scesero in piazza i sottufficiali, in particolar modo i sergenti ed i marescialli dell’Aeronautica. Questi erano circa un terzo di tutti i sottufficiali delle Forze armate, ma avevano una formazione culturale molto diversa dagli altri. L’Aeronautica era la componente più moderna delle nostre forze armate; l’alto livello tecnologico dei sistemi d’arma utilizzati imponeva una selezione ed una formazione del personale molto più attenta alle capacità ed alle conoscenze culturali dei giovani da arruolare, ciò fece si che le contraddizioni tra capacità professionali d’avanguardia, pagate molto meglio nel mondo del lavoro “civile”, e uno status sociale che non riconosceva questa professionalità, esplodessero in Aeronautica prima che nel resto delle forze armate italiane.
La prima manifestazione venne organizzata in concomitanza delle celebrazioni per il trentennale della Liberazione, il 25 aprile 1975: “la partecipazione di soldati in divisa, col volto coperto da un fazzoletto alle manifestazioni del 25 aprile suscita grande scalpore e sembra rilanciare le lotte nelle caserme” . Il culmine di queste manifestazioni si raggiunge nel successivo mese di giugno. Giovedì 26 giugno, a Roma “circa trecento sottufficiali dell’Aeronautica si radunano Piazza Venezia, essi chiedono tutta una serie di rivendicazioni a carattere economico e normativo. E’ una delle poche manifestazioni […] che i sottufficiali dell’aeronautica hanno tenuto in questi mesi. Questa volta però entrano in scena […] i carabinieri” .
Un giovane sergente, Giuseppe Sotgiu, apostrofa le persone in borghese che fotografavano e riprendevano la manifestazione, quando scopre di avere di fronte dei carabinieri è troppo tardi: viene arrestato e finisce in galera con l’accusa di insubordinazione. Ma l’episodio accresce la tensione e nei giorni e mesi successivi una grande mobilitazione avrà luogo in tutte le basi dell’Aeronautica: a Treviso, a Cameri, a Milano, a Pordenone, a Rivolto, a Grosseto, a Pisa, a Roma, l’arresto di Sotgiu diventa così “la scintilla che fa divampare l’incendio” .
Il giorno 8 luglio il sergente Sotgiu viene condannato, dal tribunale militare di Roma, a due anni di reclusione con la sospensione della pena per cinque anni, i difensori presentano appello e il giorno successivo il Corriere della Sera titola “La condanna di Sotgiu acuisce il malcontento dei sottufficiali”.
Non sarà l’unico caso di sottufficiale denunciato alla magistratura militare e sottoposto a giudizio, altri ne seguiranno, ma il movimento resterà saldo e compatto, opponendosi ancora fermamente alla proposta di riforma del regolamento di disciplina nota come “Bozza Forlani”, dal nome del ministro della Difesa pro-tempore, Arnaldo Forlani. Il 17 settembre 1975 l’assemblea nazionale del Coordinamento Sottufficiali Democratici Aeronautica Militare (CSDAM), vota un documento nel quale si chiede: “la revisione della bozza Forlani con la eliminazione di tutte le norme in contrasto con i diritti civili e politici dei cittadini; l’approvazione da parte del Parlamento e non con un decreto presidenziale, del nuovo regolamento di disciplina; un rapporto stabile tra le commissioni difesa del parlamento e i delegati eletti nelle assemblee dei sottufficiali” . Poi, dopo una lunga serie di manifestazioni e di astensioni dalle mense, seguite da denunce e da centinaia di autodenunce, strumento usato dai sottufficiali per esprimere la solidarietà a quanti venivano direttamente colpiti dai tentativi di normalizzazione portati avanti dagli Stati Maggiori, il 27 marzo 1976, tremila militari in divisa, in maggior parte sottufficiali dell’Aeronautica, manifestano per le strade di Milano. La manifestazione riceve il sostegno di CISL, UIL, del PSI, dei radicali, e dei gruppi della sinistra extraparlamentare; CGIL e PCI rifiutano il loro appoggio. “Il Partito Comunista definisce con molta fermezza la sua posizione, giudicando pericolosa e avventurista la marcia attraverso Milano. Un gesto, scriverà “l’Unità” che isola i sottufficiali” .
Intanto, in contrapposizione al CSDAM, nasce all’interno delle basi aeronautiche della Sardegna, il Movimento Autonomo Sottufficiali Aeronautica (M.A.S.A.). Estremamente critico con i governi succedutisi in quegli anni, questo gruppo di sottufficiali accusa il Coordinamento di essere oggetto della sovversione comunista. Il MASA elabora una propria piattaforma programmatica che ricalca, in parte, quella già espressa dal CSDAM. Le richieste del MASA, movimento vicino alla destra parlamentare, verranno pubblicate sul quotidiano cagliaritano “Tuttoquotidiano” del 6.10.1975 . Il MASA non riuscirà ad aggregare intorno alle sue proposte i sottufficiali dell’Aeronautica e resterà un fenomeno limitato alla Sardegna.
Le diverse posizioni della sinistra italiana incideranno anche sulla capacità di coesione del movimento dei sottufficiali democratici, ma il primo colpo alla compattezza nata dalle lotte comuni, arriverà proprio dalla proposta di legge Lattanzio – succeduto a Forlani a capo del ministero della Difesa – che sarà poi conosciuta come “legge dei principi”. Presentata nel settembre 1976, rappresentava una prima vittoria del movimento in quanto riconosceva la richiesta dei sottufficiali democratici di fissare con una legge i principi ispiratori del nuovo regolamento di disciplina. La proposta Lattanzio diventerà il punto di confronto e scontro sia all’interno del movimento che al suo esterno, fino a favorire la divisione tra contrari e favorevoli al nuovo istituto di rappresentanza. Tale divisione porterà il movimento alla sua conclusione e, per certi versi, è ancora evidente nelle differenze che esistono tra quanti chiedono, oggi, una riforma in senso sindacale e quanti, invece, vorrebbero ancora uno strumento tutto interno all’organizzazione militare.
http://www.facebook.com/topic.php?uid=40931371626&topic=15704


Prendiamoci le città

La canzone politica degli anni '70 (1970-1980)

Questa nostra lotta è la lotta di chi 
non vuole più servir
di chi è ormai cosciente della forza che ha 
e non ha più paura del padrone
di chi vuol trasformare il mondo in cui viviamo 
nel mondo che vogliamo
di chi ha ormai capito che è ora di lottare 
che non c'è tempo di aspettare 
 
 Dalle fabbriche in rivolta 
 un vento soffia già, ovunque arriverà
 è proprio un vento rosso che non si può fermare 
 e unisce chi ha deciso di lottare
 Per il comunismo, per la libertà 
 prendiamoci la città
 per il comunismo, per la libertà 
 prendiamoci la città! 

Se occupa le case chi non ce le 
ha unisce tutta la città
si lotta nei quartieri per non pagare i fitti, 
difendere le case dagli sfratti
si lotta e si vive in maniera comunista, 
non c'è posto per il fascista
la giustizia proletaria ricomincia a funzionare 
con il processo popolare
 
Dalle fabbriche in rivolta...

Proletari in divisa si ribellano perchè 
hanno capito che
anche la caserma come la prigione 
è un'arma del padrone
e la loro lotta avanza con la nostra unità 
verso la libertà
dai quartieri alle caserme, dalla fabbrica alla 
  [scuola, 
è tutta una lotta sola 

Dalle fabbriche in rivolta...

La scuola dei padroni non funziona più 
ma solo come base rossa
la cultura dei borghesi non ci frega più, 
l'abbiamo messa nella fossa
Anche nelle galere della repressione 
cresce l'organizzazione
svuoteremo presto tutte le prigioni 
per fare posto a tutti i padroni

 Dalle fabbriche in rivolta 
 un vento soffia già, ovunque arriverà
 è proprio un vento rosso che non si può fermare 
 e unisce chi ha deciso di lottare
 Per il comunismo, per la libertà prendiamoci la città
 per il comunismo, per la libertà prendiamoci la città!
 Per il comunismo, per la libertà prendiamoci la città
 per il comunismo, per la libertà prendiamoci la città!
 Per il comunismo, per la libertà prendiamoci la città
 per il comunismo, per la libertà prendiamoci la città!

http://www.ildeposito.org/archivio/canti/canto.php?id=802


La Rappresentanza Militare e le relative proposte di riforma tesi

http://www.tesionline.com/intl/pdfpublicview.jsp?url=../__PDF/24089/24089p.pdf  preview

INTRODUZIONE
La rappresentanza dei militari, intesa come “un sistema […] attraverso il quale […] il personale militare esprime pareri, formula richieste ed avanza proposte, prospettando istanze di carattere collettivo”, nel 2008 compie trent’anni. Nel corso di questi sei lustri, due generazioni di militari si sono alternate e una terza generazione si sta apprestando a entrare in gioco.
La prima generazione è scesa in piazza, ha preso parte alla grande stagione della contestazione degli anni ’70 e alla fine è riuscita ad ottenere, parzialmente, quello che chiedeva: l’applicazione della Costituzione con relativo riconoscimento dei “diritti di cittadinanza” anche per i militari, forme di rappresentatività e democratizzazione del sistema gerarchico, forme di partecipazione, condivisione e collaborazione con i comandanti, possibilità di avere contatti e relazioni con la politica. Poi ha fatto di tutto per rafforzare lo strumento rappresentativo
La seconda generazione è quella che sta cercando di modificare la rappresentanza militare: sono quelli che restano della prima generazione, alcuni sono già in congedo, insieme ai loro “nipoti”; sono quelli che hanno fatto crescere il numero di associazioni non riconosciute; sono quelli che hanno cominciato ad usare internet; sono quelli che, tornando sulle richieste di chi li ha preceduti, stanno chiedendo, ancora una volta, la trasformazione in sindacato della Rappresentanza militare.
La terza generazione è appena comparsa in scena. E’ la generazione più complessa, perché la società è diventata più complicata, le Forze armate hanno perso la leva, e si è innalzato il livello culturale. Infine perché, finalmente, tra le componenti attive in prima linea si vedono anche gli ufficiali. E sono ufficiali che appartengono più alla seconda generazione che alla terza.
Potrebbe essere questa la generazione che porta a compimento la riforma della Rappresentanza Militare?

CAPITOLO 1 – RAPPRESENTANZA MILITARE: LE ORIGINI
1. Il Regolamento “Andreotti”, Decreto Presidente della Repubblica 31.10.1964, e la Costituzione repubblicana.
Le Forze armate sono state sempre considerate come un elemento “estraneo” al contesto giuridico statuale. La loro essenzialità alla sopravvivenza di uno stato organizzato e la necessità di tenerle lontane dalla gestione diretta del potere, ha permesso loro di diventare un corpo altro rispetto al resto dell’ordinamento statale. Da questi presupposti è nata e si è sviluppata la concezione della necessità di stabilire, per la società militare, norme regolamentari che fossero più stringenti e più cogenti rispetto a quelle che governavano la società civile.
Tutti i regolamenti disciplinari degli eserciti, almeno fino al secondo dopoguerra, riconoscevano, per i militari, delle forti limitazioni alle libertà civili riconosciute agli altri cittadini dello stato. Uguale criterio venne scelto nel 1964 dall’allora ministro della Difesa, Giulio Andreotti, per riscrivere il Regolamento di Disciplina Militare, valido per tutte le forze armate e corpi armati dello Stato. Tale regolamento, che aveva come sua unica fonte l’art. 38 del Codice Penale militare di Pace, dimenticava (volutamente?) l’esistenza della Costituzione Repubblicana, che pure era in vigore dall’1.1.1948, e conteneva norme che erano chiaramente in contrasto con la legge fondamentale della Repubblica italiana. Eppure svolse il suo ruolo, per quasi dieci anni; poi, a cominciare dai soldati di leva negli anni 1971-72, venne messo in discussione, e con esso tutto l’ordinamento militare, “attraverso lettere ai giornali, scioperi della fame, casi di insubordinazione non violenta che finiscono per raddoppiare la media delle presenze nel carcere di Peschiera. Poi scendono in campo i sergenti e i marescialli dell’Aeronautica.”.
Il “regolamento Andreotti” era criticato e attaccato perché ritenuto, dal movimento dei militari democratici, illegittimo e anticostituzionale da molti punti di vista. Ad esempio il motivo dell’illegittimità era dato dalla violazione dell’art. 1 della Legge 31.1.1926, n. 100, che attribuisce al potere esecutivo la facoltà di emanare norme giuridiche e il regolamento, che rientrava sicuramente tra quelle norme, non era passato attraverso la necessaria delibera del Consiglio dei Ministri, né era stato vagliato dal Consiglio di Stato, come è dimostrabile dalla semplice lettura del preambolo al regolamento stesso. Inoltre il regolamento veniva considerato “inefficace” poiché non era mai stato inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti e non era stato mai pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, in violazione del dettato del Regio Decreto 24.9.1931, n. 1256 “Approvazione del Testo Unico delle Disposizioni legislative riguardanti la promulgazione e pubblicazione delle leggi e dei regi decreti” (in G. U. n. 250 del 29.10.1931); infine veniva evidenziata l’incostituzionalità nelle norme che garantivano alle autorità militari di tenere in cella di punizione, per settimane e mesi, i militari, senza alcuna garanzia di difesa o reclamo, in palese contrasto con l’art. 13 della Costituzione.
Notevoli erano anche le limitazioni alle libertà civili, spesso espresse in termini talmente generici da permettere facili prevaricazioni da parte dei comandanti: è il caso dell’art. 46, che proibiva la partecipazione “ad associazioni i cui fini o la cui attività non siano compatibili con gli obblighi del giuramento prestato, o possano costituire ostacolo alla rigorosa osservanza della disciplina”, in evidente contrasto con la libertà di associazione sancita dall’art.18 della Costituzione; oppure la norma dell’art. 47, che proibiva ai militari la partecipazione alla vita politica, con la sola eccezione del caso in cui il militare fosse stato candidato.
Pesanti limitazioni erano poste pure alla libertà di pensiero e alla pubblica manifestazione di esso, ancora una volta anteponendo al dettato costituzionale dell’art. 21, quello regolamentare. Particolarmente invisa era l’invadenza nella vita privata dei militari, chiaramente espressa dalla norma dell’art. 49 che, al terzo comma, recitava: “Gli ufficiali e i sottufficiali in servizio permanente devono porre particolare cura nella scelta della sposa, tenendo presente l’ambiente del quale la sposa stessa verrà a far parte”.
Allo stesso modo influenzavano pesantemente la sfera privata del militare, le norme sulla libera uscita, le licenze, i permessi o comunque relative alla permanenza fuori dagli apprestamenti militari o dalle imbarcazioni.
2. Il Movimento dei Sottufficiali Democratici.
La riforma del regolamento di disciplina e il riconoscimento dei “diritti di cittadinanza”, cioè quei diritti garantiti dalla Costituzione repubblicana a tutti i cittadini italiani, erano le motivazioni principali del “movimento” che si stava formando nelle caserme italiane, in particolare in quelle dell’Aeronautica. Accanto a queste rivendicazioni ve ne erano anche, come ovvio, alcune di carattere economico.
Ma quali erano le origini di queste rivendicazioni? Da dove proveniva la richiesta di cambiamento che, in maniera sempre più forte cominciava a levarsi tra le fila dei soldati italiani? E perché queste richieste erano più forti nell’Aeronautica che nelle altre Forze armate?
Le prime esigenze di una sindacalizzazione del personale militare, si manifestarono, in Italia come nel resto d’Europa, all’inizio degli anni ’50. “Nacquero così le prime associazioni professionali di categoria dei militari in congedo, con l’obiettivo precipuo di tutelare gli interessi del personale. Gli stessi, nel 1969, si unirono dando origine all’ANAM (Associazione Nazionale Autonoma Militari)”. Da questa associazione, che aveva nel “Giornale dei Militari” diretto da Giorgio Castellano, il suo organo di stampa, nacque, nel dicembre 1972, il SINAM (Sindacato Nazionale Autonomo dei Militari); nell’ottobre 1974 il SINAM aderisce all’UNSA (Unione dei Sindacati Autonomi), organizzazione vicina alla destra democristiana e sostenuta anche da parlamentari socialdemocratici che si “affezionano” particolarmente al SINAM.
Questa vicinanza ad ambienti considerati conservatori se non addirittura reazionari, che permetteva al SINAM di avere molta visibilità e poche difficoltà da parte delle gerarchie militari e dagli organi giudiziari, fu molto contrastata dal movimento che stava nascendo nelle caserme e che non si riconosceva nelle posizioni, nelle affermazioni e nelle protezioni di cui godevano il SINAM e i suoi dirigenti.
Le prime rivendicazioni di carattere politico e sociale nelle Forze armate, cominciano, tra i soldati di leva. “Nella primavera del 1970 presso il CAR (Centro Addestramento Reclute) di Casale 800 reclute manifestarono contro le penose condizioni igienico-sanitarie della caserma e il duro regime di vita loro imposti. Queste proteste, e quelle dei mesi successivi, trovano spazio tra i movimenti e i partiti della sinistra extraparlamentare e, nello stesso anno, al congresso nazionale tenuto a Torino, Lotta Continua lancia l’organizzazione del movimento dei “Proletari in divisa”. Il movimento di protesta dei soldati si diffonde in tutta Italia con punti di forza in Friuli e nelle grandi città.
La reazione delle gerarchie militari, in parte sorprese da quanto stava avvenendo nelle caserme, fu di tipo repressivo; ricorrendo a provvedimenti amministrativi come i trasferimenti punitivi e le punizioni disciplinari, lasciate dal regolamento alla assoluta discrezionalità dei comandanti, si cercava di colpire gli elementi più in vista e più capaci di aggregare le proteste. A favore delle gerarchie sembrava poi giocare anche il rapido avvicendamento dei contingenti che impedisce di rafforzare le conquiste ottenute dal movimento.
La novità nella protesta dei “proletari in divisa”, destinata anche ad abbattere il muro di separazione tra caserme e società civile, fu certamente “la denuncia del ruolo repressivo dell’apparato militare nella politica interna, la preparazione di un intervento armato e le minacce di golpe”. Nello stesso tempo crebbe anche l’attenzione delle forze politiche verso le Forze armate, anche se il movimento dei militari incontrò sempre forti resistenze a un concreto riconoscimento e sostegno da parte del più importante partito della sinistra italiana, il Partito Comunista (e questa “avversione”, come vedremo in seguito, è rimasta impressa nelle radici dei partiti succeduti al P.C.I.)
Nel 1975 il movimento dei militari ricevette un’altra spinta verso l’accentuazione delle lotte e delle proteste: scesero in piazza i sottufficiali, in particolar modo i sergenti ed i marescialli dell’Aeronautica. Questi erano circa un terzo di tutti i sottufficiali delle Forze armate, ma avevano una formazione culturale molto diversa dagli altri. L’Aeronautica era la componente più moderna delle nostre forze armate; l’alto livello tecnologico dei sistemi d’arma utilizzati imponeva una selezione ed una formazione del personale molto più attenta alle capacità ed alle conoscenze culturali dei giovani da arruolare, ciò fece si che le contraddizioni tra capacità professionali d’avanguardia, pagate molto meglio nel mondo del lavoro “civile”, e uno status sociale che non riconosceva questa professionalità, esplodessero in Aeronautica prima che nel resto delle forze armate italiane.
La prima manifestazione venne organizzata in concomitanza delle celebrazioni per il trentennale della Liberazione, il 25 aprile 1975: “la partecipazione di soldati in divisa, col volto coperto da un fazzoletto alle manifestazioni del 25 aprile suscita grande scalpore e sembra rilanciare le lotte nelle caserme”. Il culmine di queste manifestazioni si raggiunge nel successivo mese di giugno. Giovedì 26 giugno, a Roma “circa trecento sottufficiali dell’Aeronautica si radunano Piazza Venezia, essi chiedono tutta una serie di rivendicazioni a carattere economico e normativo.


Da quando son partito militare

La canzone politica degli anni '70 (1970-1980)

Da quando son partito militare
sapessi tutto quello che ho passato...
con gli ufficiali sempre a comandare,
è peggio che se fossi carcerato.

Ed i sottufficiali di carriera 
devono mantenere la disciplina, 
proprio come quel boia d'un caporale
quand'ero a lavorare nell' officina.

Quando non c'è la marcia c'è la guardia,
oppure otto ore da sgobbare,
e quello schifo che ci fan mangiare
è roba che ti fa solo crepare.

E non ti venga in mente di parlare;
o sei contento oppure la galera;
proprio come faceva la questura
quando si andava in piazza a protestare.

Un anno e mezzo, non lamentarti,
devi imparare ad arrangiarti;
cos'è il lavoro, cos'è la fame?
Devi imparare a non lamnentarti.

Quando esci fuori devi stare attento
e in ogni caso niente discussioni;
han fatto apposta quel regolamento
per mantener le loro divisioni; 

Con la paura quando siamo fuori
ed i favoritismi se siam dentro;
perché se siamo uniti hanno paura
che noi si possa usare la nostra forza.

Ma noi ci s'organizza per lottare
nella caserma come in officina;
a noi ci tocca sempre di obbedire
e a loro tocca sempre comandare.

La nostra lotta è la lotta di classe 
ed è di tutti quanti gli sfruttati;
perciò la lotta dura, tutti uniti
nelle caserme, in fabbrica e quartiere.

http://www.ildeposito.org/archivio/canti/canto.php?id=26