SPUNTI PER UN DIBATTITO SUL COSIDETTO"ASSENTEISMO"- 1979 

a cura di Bruno Redoglia per l'asinistra

  -  fumetti restaurati da Carlo Minoli

     seconda parte   terza parte

 

nota auto-critica sui fumetti

- prima parte-

PREMESSA

Cambiano i tempi, cambiano i rapporti di forza tra capitale e forza lavoro, mutano quindi anche i livelli di subordinazione tra quest’ultima ed il capitale. Non è un mistero per nessuno che negli ultimi anni la forza contrattuale operaia sia diminuita. Con formulette magiche ( del tipo "la classe operaia si è fatta stato") difficilmente si può mutare la realtà. Noi non siamo esenti dall’aver commesso errori per cecità politica. Era tanto comodo puntare sulle cose che più ci gratificavano, quindi in certi periodi abbiamo trascurato di evidenziare problemi che poi un giorno o l’altro ci sarebbero piombati addosso. Di fronte abbiamo due strade: la prima comoda e facile, è quella di tirare avanti chiudendo gli occhi; la seconda di tentare di avere un primo attimo di riflessione sul dibattito già effettuato, riproporlo in modo allargato, tentando di non trascurare nessun elemento, in seguito proseguire l’inchiesta. L’importante è non avere due atteggiamenti diversi, uno ufficiale e l’altro confidenziale, per cui nel secondo si ammettono cose che nel primo si negano. l’asinistra

INTERVISTA CON UN’OPERAIA DELL’INDESIT/ORBASSANO

Cosa ne pensi dell’assenteismo?

Mah… ce ne sono di diversi tipi e se escludiamo la gente malata, e ce n’è tanta, mal curata, rimangono quelli che per vari motivi preferiscono mettersi in mutua per risolvere i problemi personali.

L’Indesit ha colpito licenziamenti per assenteismo proprio le donne; perché secondo te?

Perché le donne sono più facili da colpire. Nella mentalità di tutti, il lavoro femminile è visto solo come "aiuto" al marito che lavora. Il suo vero lavoro è la casalinga a vita.

C’è molta differenza tra assentesimo femminile e maschile?

Altro che! Se la donna si mette in mutua è perché veramente ha dei problemi. L’uomo invece è perché fa magari qualche lavoro in giro o a casa, ma difficilmente per guardare i figli o aiutare in casa.

Come avviene questo assenteismo delle donne?

Guarda, alle volte è veramente difficile stare dietro ai figli che stanno male, al marito o alla casa; le strutture sociali non ci aiutano per niente, e allora ecco che la donna cerca di mettersi in mutua, magari per 2 o 3 giorni. A questo punto però stranamente sono tutti d’accordo. Anche il marito COMPAGNO preferisce che sia lei a a stare a casa, per ovvie ragioni. Il capo consiglia di mettersi in mutua se è solo perché pochi giorni, perché perdere ore con i permessi? Anche il cambio turno non conviene, perché se no per quale motivo marito e moglie fanno turni diversi?

Che ne pensi del lavoro a mezza giornata o part-time?

Penso che con le attuali condizioni la donna rischierebbe di farsi sfruttare di più sia dal padrone che dal marito.

L’ASTENSIONE ORGANIZZATA DAL LAVORO ALTRIMENTI DETTA "ASSENTEISMO"

Il fenomeno di astensione organizzata è stato sempre presente nella storia dei rapporti di vendita della forza lavoro. Accanto alle assenze per malattia, universalmente accettate, ma il cui livello di accettazione è variabile nel tempo, esistono ( e sono sempre esistiti) esempi di astensione cosiddetti abusivi, ma ampiamente tollerati in quanto il capitale vi trova il suo tornaconto.

Con una organizzazione del lavoro diversa da quella attuale, in particolare nelle piccole officine, nei cantieri ecc, era diffuso l’uso di fare il lunedì cioè l’uso di tanto in tanto di assentarsi dal lavoro il lunedì, senza alcuna giustificazione ( a dimostrazione della tolleranza, il contratto dei metalmeccanici sancisce il ‘diritto’ per il datore di lavoro di licenziare il lavoratore che in un anno sia stato assente ingiustificato per tre lunedì- o giorno successivo alla festività- ). E’ evidente che l’organizzazione del lavoro nella industria metalmeccanica "non può tollerare" un livello superiore di insubordinazione, pur

trattandosi di ribellioni personali.

 

I settori che più usavano, e in parte usano ancora, tali forme di astensione sono i cosiddetti settori di aristocrazia operaia; questo ribellismo è possibile là dove un certo tipo di forza lavoro non è facilmente reperibile (per abilità o caratteristiche fisiche). E’ ovvio che questo ribellismo non è antagonista al sistema, ma è assorbibile in un gioco delle parti.

 

 

ASTENSIONE CONTADINA E/O DI DOPPIO LAVORO

L’operaio di origine contadina considera temporanea la sua presenza in fabbrica: non rinuncia a coltivare il suo pezzo di terra (che nella maggior parte dei casi sarebbe da considerare oggettivamente improduttivo) sia per il terrore della miseria di cui conserva un ricordo atavico, sia per raggiungere un’apparente emancipazione in un modello di società che considera "arrivato" colui che detiene o

sfoggia mezzi e proprietà.  

 

Questo lo sapevano bene gli ‘accorti imprenditori’ che impiantavano industrie di tipo stagionale (opposto al lavoro dei campi) o di lavoro a scorta in zone in cui era reperibile questo tipo di manodopera.

 

Tipico è il caso della RIV di Villar perosa dove, nel primo dopoguerra, interi reparti venivano chiusi perché… c’era la stagione dei fieni… senza che paron Agnelli pretendesse giustificativi (vedi anche Mazzonis in Val Pellice.

 

Per il doppio lavoro di origine artigianale (carrozzieri, falegnami, decoratori ecc) il meccanismo funzionava in modo analogo: si tratta di astensioni dal lavoro di fabbrica nel momento di punta del lavoro esterno, per poter conservare un minimo di doppio lavoro nei momenti di morta.

Sono ovviamente presenti ancora oggi e sono altrettanto ovviamente non antagoniste al capitale, in quanto comprimono di fatto il salario medio (chi crede di essere furbo perché racimola qualche briciola in più di un altro, non ha interesse a veder distrutta la importanza relativa di questa briciola) per giunta poi si ottiene di far diventare produttivo un lavoro che per le condizioni in cui si svolge sarebbe industrialmente improduttivo.

 

 

ESEMPI DI ASTENSIONE ALL’ESTERO (USA-CUBA)

 Negli Stati Uniti, mecca della produttività, dell’efficienza e di un modello di vita che trova da noi molti estimatori, avvengono fenomeni curiosi. Uno di tali fenomeni è l’assenza al lunedì e al venerdì di notevoli quantità di lavoratori: Per esempio, senza che nessuno strilli le assenze in quei giorni raggiungono, e superano, il 50% nella catene di montaggio delle maggiori fabbriche di automobili (Detroit). Le cause di tali assenze possono essere interpretate tranquillamente come effetto della impossibilità di reggere al carico di lavoro e alla monotonia, mentre questi assenti – operai non qualificati- vengono rimpiazzati da precari che, racimolando un po’ di lavoro di tanto in tanto e ricevendo una paga giornaliera superiore a quella di coloro che sono regolarmente assunti, tirano a campare.

Per documentarsi sulle conseguenze sociali di una situazione del genere basterebbe leggersi un po’ di romanzi degli scrittori progressisti americani, scritti cioè da quegli autori che finivano sulla ‘lista nera’ che prevedeva l’esclusione dai circuiti che contano (cinema, teatro, catene di giornali, TV). Per i più pigri consigliamo la visione del film ‘il fronte del porto’ che dà una pallida idea del ‘modo di vita’ americano – basta avere pazienza e alla TV lo ridanno periodicamente.

 A Cuba, nei primi anni dopo la caduta di Batista, e l’arrivo dei ‘barbudos’, successero cose strane ma analoghe, mancano purtroppo notizie di come sia poi andata a finire…

 Comunque, al logico incremento dei salari seguito alla sconfitta del filoamericano Fulgenzio Batista, fece compagnia il contenimento dei prezzi dei beni di prima necessità (vitto e alloggio). Mancando la possibilità di acquisire altri prodotti per il blocco imposto dagli Stati Uniti (tanto per dare una mano!), un buon numero di cubani aveva ritenuto (e con ragione!) di averne a sufficienza di lavorare 15 giorni al mese per campare decentemente rispetto a prima. Per il resto si dedicava ad attività più gratificanti. Una tale situazione provocò notevoli grattacapi al governo rivoluzionario che tentò di ovviare a questa situazione con manovre sul prezzo dei prodotti non di prima necessità e con soluzioni fantasiose per i servizi sociali Per esempio sugli alcolici impose una tessera con un quantitativo limitato a prezzo controllato 1 una bottiglia di rum al mese a 1 dollaro) mentre il prezzo fuori tessera era 5 volte superiore. Per i servizi sociali non potendo ovviamente caricare i costi sul lavoro non svolto, era in uso per esempio che, quando in un villaggio si avvertiva la necessità di una scuola, il governo forniva il materiale da costruzione, l’assistenza tecnica e per il resto… arrangiatevi!  

 

 

I casi citati fino a questo punto possono essere considerati a costo apparentemente zero per gli imprenditori- privati o statali. Il costo è apparentemente zero perché in effetti la dimensioni degli impianti è calcolata prevedendo una punta più alta di lavoratori presenti.

In Italia, in una fase successiva (che possiamo situare fra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60) cioè negli anni in cui il cosiddetto ‘boom’ economico piazza i suoi fondamenti, incomincia un tipo di astensione dal lavoro non organizzata con la giustificazione del medico. La copertura mutualistica diventa necessaria per il maggior controllo padronale anche nelle piccole fabbriche. Benchè il padrone non tirasse fuori una lira di tasca sua. Sia ben chiaro, stiamo parlando dei settori produttivi industriali, perché nei settori statali in cui domina la clientela delle assunzioni (dove cioè la DC trae i maggiori consensi) a quel tempo proliferano gli acrobati del certificato medico – fra coloro che sono i fedeli sostenitori del sistema; in parte giustificati dal basso livello salariale, questi sono tra i maggiori fornitori del secondo lavoro, favoriti in maggioranza dall’orario di lavoro, concentrato nella metà di una giornata.

 Nei settori produttivi si ha l’astensione in genere breve( ma giustificata) da 1 a 3 giorni, non coperti in nessun modo dal salario, ma che costituiscono una forma di ribellione o addirittura una forma poco costosa di lotta contro i carichi di lavoro, ritmi ed ambiente. Con queste soluzioni individuali non si riesce a cogliere l’elemento oggettivo della condizione reale dei lavoratori : invece di alienazione collettiva si parla di insopportabilità, Questo nasce dalla sfiducia nella lotta collettiva, poiché rimane cocente la memoria storica delle sconfitte sindacali subite tra il ’45 e il ’60.

Giova a questo punto ricordare che il 6 febbraio del ’62 viene proclamata da Fiom e Fim una giornata di lotta alla Fiat, la lotta fallisce; alle elezioni per la cosiddetta Commissione Interna FIOM CGIL e FIM CISL perdono voti a favore di UIL e gialli, quasi a dimostrare che chi propone le lotte perde consensi sul piano elettorale. Pochi mesi dopo però , è sempre utile ricordare anche questo, in seguito allo ‘svacco’ della UIL sul piano contrattuale ( accordo separato UIL-FIAT) gli stessi iscritti UIL ‘puniscono’ la loro organizzazione iniziando (si è al primo giorno della ormai storica battaglia di piazza Statuto, 1962) la distruzione

della stessa sede UIL

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seconda parte